Rita
Accogli
Lecce
Le specie vegetali presenti in Italia sono più di settemila, in Puglia più di duemila. Solo nel Salento se ne contano 1.400: due terzi della flora pugliese si trova qui. Un terzo della biodiversità italiana. Perché se è vero che le piante hanno sempre seguito l’uomo nel suo migrare nel mondo, la grande migrazione da Oriente, in cui tutto è nato, sulle coste pugliesi doveva necessariamente arrivare. E qui le piante sono rimaste, e insieme all’uomo si sono evolute. Lo hanno aiutato a cibarsi anche quando non c’era niente, a truccarsi, a colorare i suoi vestiti, hanno curato le sue malattie. Creando nel frattempo un ecosistema in grado di proteggere se stesse, l’una con l’altra, dalle difficoltà della vita, con un eccezionale senso di solidarietà e di comunità. Loro lo hanno mantenuto, gli uomini se lo sono perso per strada.
Poi, d’un tratto, quello che agli uomini è sembrato il progresso ha distrutto specie vegetali e pratiche millenarie. Ha sottratto potere alla terra e alle piante per accentrarlo a sé tramite la chimica, l’industria, la standardizzazione che ha cancellato gusti, sapere agricolo, abitudini sociali. Intendendo la diversità come un problema, una fastidiosa complicazione, e non invece come una risorsa. Che, come tutte le risorse, se qualcuno non se ne prende cura è destinata ad esaurirsi.
Rita Accogli è quel qualcuno. Nel suo Salento ricerca varietà antiche di piante di ogni genere: ortaggi, leguminose, alberi da frutto. Ne studia le proprietà, il loro interagire con l’uomo. Le conserva, le propaga e le custodisce nell’Orto Botanico dell’Università del Salento. Ne facilità la ri-conoscenza all’esterno, alleandosi con contadini vecchi e giovani. Parla con le massaie, che le donano semi che conserva nel suo armadietto, cassaforte della memoria del mondo. In un inestimabile lavoro che è antropologia e biologia, etnografia e botanica, memoria e futuro prossimo.
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