Marco
Lattanzi
Corato (Ba)
Disruptive, come tutti i protagonisti della nuova scena della panificazione, in Italia e nel mondo. Un sollevazione. Anzi, una rivolta che ha liberato il pane dal suo ruolo ancillare, amorfo, neutrale. Mai dare nulla per scontato. Tantomeno il pane, che è il primo prodotto dell’agricoltura sin dai tempi dell’inizio della storia d’amore fra l’uomo e la terra. E insieme al pane restituire dignità anche alle parole, come il sostantivo “artigiano” o l’aggettivo “artigianale”.
Non è un caso che questa visione – il grano che racchiude in sé tutta la terra e la sua cura – provenga proprio da lui, il Toscano d’origine, pugliese d’adozione. Perito agrario di formazione, poi agricoltore, poi tra i fornelli, nelle brigate di ristoranti stellati e non, sia in Italia che all’estero, per poi impastare tutto, lasciar lievitare e aprire un forno artigianale a Corato.
È vero: fare il pane nei ristoranti non significa saper gestire un panificio, ma la passione spinge anche a tuffarsi un po’ nel vuoto quando si crede in un progetto che dà senso a una vita. E venire da altri mondi consente di vedere le cose con altri occhi e offrire quegli occhi agli altri, perché guardino il mondo con consapevolezza, stupore, rispetto di se stessi, degli altri e della terra.
15 tipi di pane vuol dire 15 tipi di impasto. E si panifica solo con pasta madre. Questa non è solo tecnica: è ideologia, è militanza. Un’ideologia fragrante, gustosa, che rende giustizia al cibo più importante del mondo, che Marco descrive come si fa con le persone: un processo di produzione “sincero”. Farine artigianali che hanno “una faccia”. Un pane che ha “un cuore che batte”. Re della tavola, perno intorno al quale ruota non solo tutta la gastronomia italiana, ma cose più grandi: lo stare insieme, la condivisione, la bellezza del guardarsi negli occhi. In una parola: l’umanità.
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