Angelo
Silibello
Ceglie Messapica (Br)
Il cibo come antropologia, etnografia. Lente attraverso cui leggere la cultura e la storia dei luoghi. Ne è passato di vino nei bicchieri dagli anni Cinquanta, quando i suoi genitori aprirono la prima osteria. Passando per la folle decisione, questa volta tutta sua, di fare gastronomia nel centro storico di un paesino dell’entroterra del Sud nei primi anni ’90, in un quartiere dove – fin ad allora – il sole del buon Dio non dava i suoi raggi.
Ma Angelo “Lillino” Silibello è così, mosso da amore testardo e forsennato, tenuto vivo anche quando non corrisposto. Per la sua Ceglie Messapica, per il territorio che la circonda, per uomini, animali e piante. Queste ultime meglio se selvatiche e commestibili. Dissidente sempre, perché la cucina e l’accoglienza possono essere una declinazione del pensiero. Un pensiero resistente, che nei troppo lunghi anni in cui il mondo sembrava prendere tutt’altra piega lo ha spinto a continuare a tessere la tela coi contadini, gli allevatori, i casari, i frantoiani intorno a lui. A dargli forza e da loro riceverne. Per tutelare la straordinaria biodiversità di questo pezzo di Puglia, fra Murge, Salento, Valle d’Itria e Mar Adriatico, e per questo perfetta rappresentazione di tutta la regione di cui Cibus è il libro di antologia.
La cucina di Puglia è grande e Lillino è il suo profeta. Le persone che hanno (ri)costruito l’identità della gastronomia di Puglia, partendo dalla extra-ordinaria qualità delle materie prime che la regione regala, si contano sulle dita di una mano. E lui è una di queste. Ecco spiegato come oggi a Ceglie arrivino uomini e donne da ogni parte del mondo, spesso apposta. Per imparare, per conoscere, per lasciarsi aprire le porte della percezione. Dall’uomo che sussurra al caciocavallo.
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