Michele
Sabatino

Macellaio,
Apricena (Fg)
Da tabù a orgoglio. La principale operazione che Michele il macellaio ha condotto è tutta culturale.

Sono le aree interne che Manlio Rossi Doria chiamava Terre dell’Osso, contrapposte alle più generose Terre della Polpa quelle raccontate dalle carni di Michele Sabatino. Tradizioni la cui origine si perde nei millenni ma che sono giunte a noi quasi intatte, come quasi intatta è rimasta, geneticamente parlando, la vacca podolica. Da quando, al tempo dei Romani, le sue corna a forma di mezzaluna arrivarono dalle steppe ucraine a quelle del Gargano. Tanto quanto la musciscka, il cui nome ha sapore d’Arabia, anch’essa non solo un prodotto tipico, ma il romanzo della vita dei transumanti. Fatta con animali di recupero, feriti o infortunati, che racconta di tempi e luoghi non così lontani in cui la corrente elettrica non arrivava e conservare la carne in quel mondo era l’unico possibile.

Da tabù a orgoglio. La principale operazione che Michele il macellaio ha condotto è tutta culturale: l’interazione fra luoghi, animali e uomini resa driver del racconto dell’unicità di un territorio in cui molte cose sono rimaste fedeli a se stesse, nel bene e nel male. E anche il male va pian piano trasformandosi in bene, se c’è uno che fa uno dei mestieri più antichi e nobili del mondo come dovrebbe esser fatto.

La vita è una partita che va giocata, dice Michele dal suo negozio nel centro di Apricena, patria di Matteo Salvatore. Lo ha capito da bambino, quando i suoi genitori hanno smesso di essere allevatori per aprire una macelleria dopo una storia di un furto di bestiame che poteva avere qualsiasi finale, anche tragico. E quando ha cominciato a guardarsi intorno ha intuito che la vacca podolica, la capra garganica, il maiale nero, il porcastro, potevano essere loro a raccontare la sua terra, e che lui poteva esserne uno degli interpreti. Alla fine, la lotta per la sopravvivenza degli animali (e degli uomini) del Gargano si trasforma in gusto. Forse il segreto è tutto qui: lasciar fare la natura, intervenendo solo lo stretto indispensabile.

Libero Michele, libera la vacca podolica, dal concetto di stalla e di mangime. Monumento che cammina. Libera e anarchica anche la capra garganica, e il maiale nero dei Monti Dauni. Libera una terra che, come Michele va dicendo, “non è seconda a nessuno”. Facendone una ragione di vita.

La vita è una partita che va giocata.
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