Giuseppe
Bramante
Rignano Gargano (Fg)
La sua, alimentata dalla vista quotidiana sulla sterminata distesa di ulivi secolari di Masseria Paglicci, e quella delle vacche podoliche, che libere e selvagge lo sono da millenni, per spirito e per genetica. Il fare gentile e misurato è quello di chi ha dentro di sé lo spirito ancestrale che aleggia nel selvaggio Gargano, dove animali e piante hanno imparato a trovarsi di che campare in un ambiente avaro, in cui niente è mai stato facile.
Ma in cui non ci si è arresi all’invasione della mentalità da allevamento intensivo, che trasforma una vacca in una macchina. Come se non avesse occhi, e cuore, e anima anarchica, e corna a forma di lira o di mezzaluna, per captare lo spirito dell’universo. E allora, come Giuseppe Bramante ha fatto ben prima che i suoi capelli diventassero dello stesso colore del mantello delle sue vacche, a loro c’è da guardare per imparare a stare al mondo.
Rifiutarsi di sprecare una vita senza sole, in piccoli, confortevoli e subdoli recinti fisici che diventano anche mentali. Ribellarsi all’iper produzione che genera basso valore, e poi deserto, di gusto e di paesaggio. Pretendere spazi sconfinati e libertà di movimento e di alimentazione. Fare di meno, ma farlo nel miglior modo possibile. Come la podolica, che non concede quel poco di latte se non ha il vitello al suo fianco, e solo in certi periodi dell’anno. Quel latte che sa di transumanza e di Mediterraneo, con cui non si possono fare che due o tre caciovalli al giorno, per i quali c’è bisogno di occhi e gesti e legna d’ulivo e una caldaia di rame in un camino secolare.
Pochissimi per la società dei consumi, ma più che sufficienti per la società dei sensibili, quella della complessità e dell’attesa, a cui Giuseppe appartiene.
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