Antonio
Cera
San Marco in Lamis (Fg)
Un grande, fragrante, cerchio di pane racchiude in sé non solo tutta la filiera agricola, ma l’intero ciclo della vita. Racchiude l’universo, dandogli forma e peso. C’è la gente che lavora nei campi, ci sono i mugnai e i panettieri. C’è il rispetto della terra e della biodiversità, e quello della salute di chi ogni giorno il pane lo mette in tavola, che sia la signora di San Marco in Lamis o lo chef stellato non fa poi molta differenza. Da mangiare sempre in compagnia, perché è da “cum-panis” che viene una delle parole più belle del mondo. E attenzione, perché “il pane si spezza, non si taglia”, raccomanda Antonio Cera.
Il pane come condivisione: di storie, di esperienze, di buone pratiche. Come strumento principale per fare comunità, ma anche cultura ed economia virtuosa in una delle tante aree interne del Sud per lungo tempo dimenticate da Dio. Con Forno Sammarco Antonio ha usato sì il suo know how di bocconiano, ma l’ha impastato con il genius loci di mamma e zie: Lina, Maria e Tanella, 250 anni in tre, perfettamente operative dall’alba al tramonto nel forno di famiglia. “Sfruttamento del lavoro senile”, dice Antonio sorridendo. Gesti antichi di tre donne senza tempo, volti rugati e luminosi, e dolci sorrisi che sembrano arrivare da mondi ancestrali in cui si doveva campare con quello che c’era, e dunque tanto valeva farlo per bene.
Tornare al Sud è meraviglioso quanto complicato. Ma se hai il fegato per raccogliere le sfide puoi ribaltare la geografia e rendere centrale un posto di periferia. È quello che accade con Grani Futuri e il suo Manifesto: nei campi del Gargano è fiorito un movimento internazionale del pane, e un Manifesto Futurista del pane che sa di grano e di terra, e parla con parole antiche che si fanno nuove, per diventare la lingua franca di un futuro più giusto.
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