Francesco
Montaruli
Ruvo di Puglia (Ba)
Oggi è diventato trendy, cool: si chiamata foraging, e va benissimo così. Ma in italiano una parola che indica la scienza che studia l’uso delle piante selvatiche commestibili esiste: si chiama alimurgia, è stato uno dei primi saperi dell’uomo ed è il risultato della contrazione del latino “alimenta urgentia”, cioè nutrimento in caso di necessità urgente. La fame, in questo caso.
Una pratica che precede la comparsa dell’uomo coltivatore, così ancestrale che risale all’uomo raccoglitore e basta, quando ancora non aveva imparato a selezionare, addomesticare e riprodurre le piante per la propria sussistenza (alzando muretti e recinti per rivendicare una proprietà), ma solo a riconoscere quelle selvatiche. Probabilmente cominciando a imparare dagli animali.
Etnobotanica è invece la parola che a Mezza Pagnotta hanno scelto di associare alla cucina: la relazione fra l’uomo e le erbe commestibili come base per conoscere e comprendere una cultura intera, il modo in cui l’uomo e le piante si sono influenzati a vicenda nel corso dei millenni. Qualcosa che ha molto più a che fare con la spiritualità che con la biologia. Nell’era dell’antropocene, vuol dire guardarsi molto indietro per guardare molto avanti. Una cosa al confine fra antropologia culturale e botanica. D’altronde la Murgia è il luogo del confine fra l’ancestrale e il contemporaneo, fra il materiale e l’immateriale. Una zona brulla, pietrosa, carsica, dove non c’è niente, dicono. In realtà racchiude in sé tutta la storia del mediterraneo, fin dall’alba dei tempi. Come dice Franco Arminio, “io guardo ogni cosa come se fosse bella. E se non lo è vuol dire che devo guardare meglio”.
Per far questo, però, servono degli interpreti. Come Francesco: medium tra l’uomo e i poteri cosmici, sciamano azteco dai tratti normanni. Che, complice Ciccillo il raccoglitore, attira a sé sacralità e ritualità pagane, dunque pre-cristiane, e ne rivolge i benefici effetti al fortunato viandante.
Conoscenze, usi e costumi, storie e miti, fiabe e leggende. Credenze popolari. Così perfino la sporchia, parassita dei legumi che in alcune zone di Puglia è sinonimo di malasorte, viene cucinata e neutralizzata. Così si compie il prodigio della trasformazione da sventura a fonte di vita, di energia positiva. E di conoscenza, e di consapevolezza, e di futuro.