Benedetto
e Andrea
Cavalieri
Maglie (Le)
Quando, dopo l’unità d’Italia, l’economia del latifondo non fu più protetta dai Borboni molti signori della terra capitolarono. Era finito un mondo, bisognava costruirne un altro, almeno per non soccombere. Aprire strade nuove, mai battute fino ad allora. Restando se stessi, duri come il grano di Puglia, ma aprendosi al mercato. E quindi, forse per la prima volta dai tempi delle corvée, mettendosi in discussione.
I tempi cambiano, signora mia, ma alcune cose no: “la materia prima è fondamentale”, sentirete dire a Benedetto Cavalieri, istituzione italiana della pasta artigianale. Franco Arminio ha scritto che ci vorrebbe un presidente della Repubblica “che ci dica come stanno le api, come è andata la raccolta del grano o delle olive”. Beh, noi un nome in mente ce l’avremmo. Perché se è vero che la cucina italiana sta vivendo un periodo d’oro in tutto il mondo, di quella cucina la pasta è la costituzione, e Benedetto Cavalieri uno dei suoi primi custodi.
Una vita spesa per fare della pasta un prodotto straordinario (cioè extra-ordinario), con una sua riconosciuta unicità data probabilmente da due fattori: uno è l’elogio della lentezza in un mondo velocissimo: se uno spaghetto può essere essiccato in 2 ore e mezza, qui di ore ce ne possono volere più di 40. Ma l’altro è il know how, l’esperienza, l’interpretazione, la visione del mondo. Il fattore umano, si direbbe. E in questo caso anche la firma, con iconica, irrinunciabile bandierina annessa.
Vedasi le Ruote Pazze, dalle tre consistenze: la perfezione nasce sempre da qualcosa di apparentemente imperfetto.
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