Paolo
Belloni

Botanico,
Cisternino (Br)
"Una società che funziona è quella in cui c’è un reciproco controllo degli uni sugli altri, esattamente come nella natura".

Se esiste ancora qualcuno che si chiede che fine abbiano fatto gli intellettuali, in Valle d’Itria ne troverà uno con tutti e due i piedi nel nostro tempo. Delle piante Paolo Belloni si è innamorato durante il suo lavoro da fotografo. Della Puglia dopo aver capito che i convegni non hanno mai salvato il mondo. L’ha scelta – il che ha ancora più valore – come terra dove creare il suo conservatorio botanico dedicato a Pomona, dea latina protettrice di orti e frutteti. Qui si conservano i semi e le varietà da frutto che serviranno alla nuove generazioni, perché “non sappiamo cosa servirà in futuro, dunque è bene conservare il maggior numero di specie botaniche possibile”.

Si pratica aridocoltura, perché l’acqua sarà il tema centrale degli anni a venire. Così come la sempre minore fertilità dei suoli: dopo sessant’anni di uso forsennato della chimica, “è bene ridare alla terra le sue possibilità di reinstaurare i propri meccanismi di autocura”.

“non sappiamo cosa servirà in futuro, dunque è bene conservare il maggior numero di specie botaniche possibile”.

Che ospitasse il Mediterraneo di afgani, bosniaci, francesi, portoghesi, albanesi, israeliani e naturalmente italiani e pugliesi che vivono in pacifica convivenza fra loro in un sistema di mutuo aiuto. Parliamo di alberi di fico, più di 600 varietà diverse, non di persone. Ma il ragionamento è che la stessa cosa potrebbe valere per gli umani, se solo imparassero dalla piante.

Amano vivere tutte insieme, perché è la complessità ciò che garantisce la sopravvivenza di un sistema. Che sia vegetale o sociale non fa poi molta differenza. Nemmeno la società è un sistema semplice: una società che funziona è quella in cui c’è un reciproco controllo degli uni sugli altri, esattamente come nella natura. E se pensiamo alle infinità di interrelazioni tra vegetali e animali vivi e morti e poi pensiamo all’agricoltura, dice spesso Paolo, vediamo che l’agricoltura è una enorme semplificazione rispetto alla complessità che regola gli elementi della natura. Basta l’arrivo di un qualunque agente patogeno a distruggere per sempre una comunità.

D’altronde “il motore del mondo è il fatto che ogni essere vivente vuole che i propri figli possano campare”. Sarà per questo che il kaki di Nagasaki è sopravvissuto all’innominabile bomba del 1945. Ritrovato ancora vivo sotto le macerie, simbolo della resistenza della natura anche alle avversità più estreme, questa peraltro prodotta dalla follia dell’uomo. Quasi ottant’anni dopo, uno dei suoi figli vive a Pomona, circondato da un labirinto di lavanda, “perché se vuoi arrivare alla pace un po’ di strada la devi fare”.

Sono 1200 le varietà di alberi da frutto tradizionali di cui Paolo si prende cura. Il fico, la vite, il melograno, l’olivo e tutte le altre piante antiche. Tutte estremamente parsimoniose ed estremamente generose. Chiedono poco e restituiscono molto. Esattamente come Paolo, l’intellettuale che si è fatto pianta per dire come convivere insieme e aiutarsi reciprocamente sia l’unico modo per salvare gli uomini da se stessi

Altre Storie